03/05/2024
Una perla medievale e barocca della Sicilia, ai più ancora sconosciuta. Naro è uno scrigno inesauribile di tesori artistici e storici, custode di un passato denso di avvenimenti che l’ha resa unica nel tempo. Ancora oggi, il passo rallenta per il desiderio di ammirare ogni preziosa testimonianza lasciata da chi ha fatto di questo borgo un luogo di una bellezza abbagliante, da meritarsi l’appellativo di “Fulgentissima”. Siamo a circa 35 km da Agrigento, dove Naro se ne sta scenograficamente appollaiata sul pendio di un colle, a 593 metri sul livello del mare. Uno dei più bei belvederi della Sicilia, la cui veduta si estende fino all’Etna, alle Madonie, al mare di Licata e Sciacca. La sua posizione elevata e naturalmente protetta l’ha reso un luogo particolarmente ambito in tutte le ere. Testimonianze archeologiche attestano l’esistenza di insediamenti umani già in epoca preistorica.
Le sue origini millenarie hanno dato vita, nel corso dei secoli, alla leggenda e al mito. Esistono, infatti, diverse ipotesi sui primi abitanti della città, prima fra tutte quella che la vorrebbe fondata dai Giganti, avvalorata, tra gli altri, da Paolo Castelli (Storia di Naro) e Fra Salvatore Cappuccino (La Fenice). Quest’ultimo, rifacendosi all’archivio del Regio Ufficio Giuratorio, Foglio 1, riporta la notizia che “nel XV secolo, quando si doveva costruire il cappellone della chiesa madre, si rinvenne nelle fondamenta abbondanza di crani, cannelle, denti ed altre ossa gigantesche“. Alcuni studiosi la identificano, invece, con l’antica Camico, città costruita da Dedalo per Cocalo, re dei Sicani, oppure sempre fondata dai Sicani con il nome di Indàra o Inico. Altri ancora la identificano con Akràgas Ionicum, colonia dell’antica Gela fondata nel 680 a.C., otto anni dopo la stessa Gela e cento anni prima di Akragas Doricum (l’attuale Agrigento).
L’opinione più diffusa è, però, quella che pone l’origine di Naro e del suo nome Nar (fuoco) – e non da Nahr (fiume) – all’epoca saracena. Ciò che si sa con certezza, è che Naro e il suo territorio, profondamente inserito nella storia della Sicilia, è stata crocevia di popoli e di civiltà, la cui origine si perde nella notte dei tempi. Durante il periodo romano la città, che probabilmente portava il nome di Carconiana, acquisisce una vocazione agricola che ne caratterizzerà la storia dei secoli successivi. Nel suo territorio sono emersi resti di insediamenti paleocristiani, in particolare catacombe, e di ville romane.
Durante il periodo arabo, Naro venne ampliata e fortificata, riuscendo a resistere alla conquista normanna fino al 1086, quando, dopo quattro mesi di assedio, cadde ad opera del Conte Ruggero. Nel 1223 venne nominata città parlamentare e chiamata “Fulgentissima” da Federico II di Svevia, che le diede tale titolo nel parlamento di Messina, annoverandola fra le 23 Regie o Parlamentarie del Regno di Sicilia. Con quell’appellativo viene tutt’oggi identificata e ricordata.
Nel Medioevo, Naro si presenta piccola e chiusa da una cinta di imponenti mura merlate, costruita nel XIII secolo. Il monumento medievale di maggiore rilievo è il Castello dei Chiaramonte, dal nome dell’illustre famiglia che dominò Naro per più di un secolo, uno dei più importanti e meglio conservati in Sicilia. Un altro capolavoro d’arte, andato nel tempo in rovina, è il Duomo Normanno, di cui rimangono solo i muri perimetrali, ma ciò non ha scalfito il suo fascino antico.
A Matteo Chiaramonte si deve anche la costruzione della Chiesa di Santa Caterina, più volte restaurata, uno dei monumenti più rappresentativi dello stile gotico-normanno, e tra i più prestigiosi dell’isola. La città ha altre importanti testimonianze medievali da ammirare, tra cui l’Oratorio di Santa Barbara e la Chiesa del Santissimo Salvatore. Altrettanto affascinante il percorso barocco, che porta alla scoperta di numerose chiese. A partire dalla Chiesa di San Calogero, il Santo Patrono di Naro, edificata nel 1599. Caratteristica la facciata barocca e l’interno a una navata in stile rinascimentale, impreziosito da dipinti di artisti contemporanei. Dal santuario, scendendo delle scale, è possibile accedere alla cappella sotterranea, al cui interno si trova la grotta dove il santo viveva da eremita, all’interno della quale è conservata, sopra l’altare principale, la statua a lui dedicata. La Chiesa è meta di molti fedeli che vengono a ringraziare San Calogero per le grazie ricevute, spesso portando al Santuario delle forme di pane modellate come le parti del corpo guarite per intercessione del patrono di Naro, venerato come santo taumaturgo.
Da visitare anche la Chiesa del Santissimo Salvatore, costruita nel 1398, conosciuta anche come “‘A Batìa“, dalla originale facciata, arricchita di elaborati intagli di tufo. Più avanti si trova la Chiesa di San Nicolò di Bari, edificata con l’annesso convento nel 1618, forse sui resti dell’antica pieve di San Nicolò di Bari, Vescovo di Mira. Ebbe inizialmente il nome di San Giuseppe, mentre il convento fu chiamato “Collegio degli orfani”. Nei pressi ci si imbatte anche nella Chiesa Madre, risalente al 1619, destinataria del prezioso patrimonio artistico appartenuto al Duomo. Accanto, emerge il Collegio dei Gesuiti, con il suo bellissimo il portale d’ingresso in stile barocco.
In piazza Padre Favara spicca, invece, la Chiesa di Sant’Agostino, la cui costruzione, iniziata nel 1707, seguì quella dell’annesso convento del XIII secolo. Al suo interno sono custodite preziose opere d’arte in legno. Da non perdere, infine, la Chiesa e l’ex Convento di san Francesco, quest’ultimo oggi sede del Palazzo di Città, cui si accede dal chiostro settecentesco. Fondati nel XIII secolo, sono stati rimaneggiati e ampliati, fino a raggiungere la fisionomia attuale nel XVII secolo. La facciata della chiesa rappresenta la manifestazione più alta dello stile barocco siciliano. Una volta a Naro, non perdetevi una visita alla vasta necropoli paleocristiana, in contrada Canale, nei pressi del borgo, risalente al V-V secolo d.C, oggi inserita in un bellissimo giardino di agrumi. È formata da quattro ipogei, tutti organizzati intorno a un lungo corridoio centrale, il più vasto dei quali è l’ipogeo A, noto con il nome di Grotta delle Meraviglie. Dall’ipogeo B provengono, invece, lucerne africane, decorate sul disco con simboli propri del culto cristiano: l’agnello, l’albero della vita, il pesce guizzante. Grazie ai reperti ceramici rivenuti negli ipogei, si è potuta determinare la datazione della necropoli, che testimonia l’importanza del territorio di Naro già in epoca tardoantica.
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